Lieber Leser,
oggi torno sul mio blog, per condividere, spero per discutere, con te, una spinosa questione che, di sicuro, ti sarà familiare: il rapporto con i cugini.
Pasqua si avvicina, si rompon le uova di cioccolato -e non solo- e da esse estraiamo sorprese belle e meno belle, fra le quali annovero un indesiderato invito ad una cena di famiglia, organissata da mio cugino…
C’è chi entra in tal gogna a Natale, chi a Pasqua e chi ai matrimoni, a me è capitato a Pasqua…
Prima di parlar di me, augurandomi di leggere i vostri commenti, con il mio solito approccio epistemologico, presento il problema.
Viviamo sulla Terra, le cui condissioni ambientali, garantiscono la generale dinamicità degli abitanti e degli eventi: non siamo statici, cambiamo.
Cambiamo, ci costruiamo delle vite, facciamo delle scelte,
più o meno audaci, ci dividiamo e ci allontaniamo, chiudendoci in mondi
costruiti da noi e per noi.
Anni or sono, un uomo sinistro disse a mio nonno che si è fratelli e sorelle, fino a quando si abita nella casa paterna, non fatico ad estendere la cosa ai cugini, con i quali si è amici, fino a quando ci son i nonni, dopo ci si divide.
Ho, credo, 30 cugini -mia nonna ha dato alla luce sette figli ed ognuno di loro tre pargoli, poi ci son i procugini, i figli dei cugini, insomma siamo troppi-.
Sebbene da bambini ci si vedeva la domenica sera da mia
nonna, da grandi non più; sebbene da bambini, ipocritamente, si condividevan
interessi, da grandi non più, sebbene da bambini si era tutti uguali, da grandi
non più…
Piccole ostilità fra fratelli e cognati estese ai figli, piccole invidie di bambini del tipo, domani non vado a scuola poiché devo andare all’ipermercato, e simili, come patate da wodka fermentano, creando acidità, acidità acuita negli anni e, si sa, il vino, prima o poi diventa aceto…
Questo è quello che, in linea di massima, accade un po' a
tutti ed ora parlo di me, come sempre a viso aperto, dopotutto lo dico sempre:
gli anni passano ed io divento sempre più testa di ca…!
Son sempre stato libero e non ho mai permesso a nessuno di tarparmi le ali, ho sempre pensato con la mia testa, mi son sempre distinto per il mio caratteraccio, per il mia determinassione teutonica -diciamo pure cocciutaggine da tedescaccio-, non ho mai ceduto, tanto meno seguito gli altri ed è stata questa la mia più grande virtù: essere unico.
Sebbene i cuginetti, alla fine cedevano, scendevano a patti, crollavano, io no: non ho mai indietreggiato dinansi a nessuno, son sempre stato un arrogante, uno spavaldo, un rompiscatole della malora e questo mi ha condotto a far quello che gli altri, i cugini, non facevano per loro remissività, ed ha ingenerato invidia, rancore, ostilità.
Poi siam cresciuti ed i problemi son aumentati: in primo luogo, noi maschi siam stati al quanto birichini, abbiamo avuto molte ragasse ed io, quello che conoscete tutte, ha forse avuto le più belle. Peccato che mi sia stancato presto di loro e le abbia mandate via, sotto gli occhi irosi ed invidiosi dei miei cugini, che sbavavano per le fanciulle, che io praticavo alla guisa delle lattine di coca cola: dopo essermi dissetato, gettavo via il barattolo…. Loro, più bravi di me, le praticavan al lungo, per poi allontanarle, allo stremo del rapporto.
Poi le carriere, io ho fatto i cavoli miei sempre: mi son diplomato nella scuola dei cattivi, poiché volevo studiare talune materie e non nella scuola delle persone serie, poi siamo andati all’università, io ho fatto di tutto di più e, alla fine, son uscito con due lauree e cinque ragasse, che han fatto la fine delle altre; loro hanno frequentato per due mesi, poi hanno abbandonato, dipingendomi come il peggiore dei mostri.
Se loro non hanno avuto il fegato di studiare, cosa voglio
da me? Io mi son goduto la via, loro no: io mi son laureato con ritardo, però ho
viaggiato tantissimo, ho prodotto molta letteratura, ho avuto il mio fanclub
femminile, ho pienamente vissuto gli anni accademici, loro no ed io son il
mostro…
Loro hanno preferito i soldi, la vita da persone serie, il
lavoro, la fidansata unica ed i figli, alla cultura, alla libertà, alle notti
filosofiche, ai viaggi di soli maschi, ai bar notturni…
Ora rimpiangon di non aver mai vissuto, di non avere la laurea, di non esser famosi ed io son il malvagio…
Passano gli anni, alcuni spendon i propri giorni fra studio e divertimento aristocratico ed altri al lavoro, anonimi, con tanto amaro in bocca, insomma vivon da oppressi, da oppressi dalle loro scelte pavide, poiché è la paura di esser fuori dagli schemi che ci opprime e, parafrasando il buon Oscar, sappiamo che gli oppressi si drogan e la droga da loro assunta, non è la cara marjia, ma il pettegolesso, l’oppio degli oppressi!