giovedì 3 ottobre 2024

Facciamo la Rivolussione!

 


Caro Lettore,

riprendo quella maledettissima tastiera, per condividere con te un mio pensiero, questa volta, frutto di quegli errori commessi, ai quali si dà il nome di esperiensa…

Il buon Oscar, sosteneva che l’esperiensa fosse solo il nome dato agli errori, se così è, allora funsiona l’inverso; tralasciamo, tuttavia la filosofia e giungiamo al dunque.


Questa mattina mi son destato di buon ora, esasperato dalla permanensa su quella diabolica lastra chiamata letto e son uscito a far due passi…

Durante il mio errare, mi son imbattuto in ragassetti sciocchini, che si atteggiavan ad ometti navigati, loro che crollerebbero davanti ad una ventenne, ad ogni modo, discorrevan di qualcosa, evidentemente dei tempi attuali ed ho colto una frase ammiccante, dal loro parlare, ossia:

 

…Dobbiamo fare la rivolussione…

 

Non so se alludessero alla necessità di riassettare il mondo o di rivolussionare la mensola delle macchinine, ad ogni modo, qualora stesser parlando della necessità di cambiar marcia e migliorare questa società, ormai abissata, avrebbero avuto la mia simpatia; ripeto, ero di passaggio, non ho seguito il discorso, se non quella breve frase.

Paradossalmente, quei bimbi sciocchini son davvero nella posissione di far la rivolussione! Son piccoli, inesperti, vanno a scuola e non conoscono il mondo, se non quello degli influenser ed è per questo che son idonei a stravolgerlo, il mondo.

La rivolussione, lo dico scevro da ogni retorica, non si fa con i kalashnikov o gli strissioni, ma con le armi che ho mostrato qui in foto: i libri, la matita ed il passaporto.

Può anche darsi che il mio orientamento intellettualista ed aristocratico strida con le vigorose fiamme che ardono nell’animo dei rivolussionari, tuttavia va evidensiato che la violensa ed i disordini non portano a nulla, mai! Far ricorso alle armi, ai cortei ed a simil robe, non conduce a nulla, se non alla gattabuia: i facinorosi vanno in galera ed è giusto che così sia!

La vera rivolussione si fa con l’istrussione, che non è confinata all’asettico apprendimento nelle scolastiche od universitarie, ma alla vita fuori, vissuta con seguendo quanto appreso durante il tempo dello studio.

Prima si va a scuola e s’impara, si studia la Letteratura, la Storia e la Geografia, la Filosofia e la Matematica, la Fisica, l’Economia… dopo si viaggia, si scopre il mondo, con gli occhi di uno studente, che discrimina una collina da una montagna, che sa cosa avvenne ad Anversa [Me ne sbatto di Anversa, è il primo paese che mi è venuto in mente e l’ho citato; ps ci son stato!], che osserva il fiume di cui ha letto e, soprattutto, ci si affaccia a su nuovi mondi e si scopron nuove realtà, nuove culture, nuove idee, nuove persone, nuove bevande e pietanse…

Con la testa piena di quanto studiato a scuola e durante i viaggi, si tira fuori la matita e si scrive il futuro, con la ferrea volontà di cancellare quello che potrebbe esser un errore, riformularlo, al fine di dar luogo ad un mondo migliore e nuovo.


Non servono le armi, gli inni, i cartelloni e robacce del genere, ma la capacità di mettersi in gioco, comprendere le altrui ragioni, di sbagliare e correggersi, prima di far danni e, tutto questo, si fa con l’istrussione che, ripeto, viene dalla scuola e dai viaggi!

 

Quelle in foto son le vere armi, non i carri armati…

 

Concludo raccontandoti dei miei errori: essi sono l'aver creduto alla gente stupida ed aver imparato troppo tardi la frasina: “Wer pfeift sich daran!”

 

Solo studiando, s’impara a pensare con la propria testa e solo con il pensiero puro si fa la rivolussione, in altri casi, si è solo burattini!!!

venerdì 20 settembre 2024

Caspar ed il Romanticismo Tedesco

Mein Lieber Leser,

 frugando fra i miei file, ho rinvenuto questo mio articolo, pubblicato tempo fa, sulla testata per la quale collaboro.

Ritengo sia esso uno dei miei migliori lavori e, pertanto, lo condivido con te, augurandoti di gustarlo alla guisa di un bambino ingordo, che divora la sua Barretta Kinder o di Tedesco assetato, che compiaciuto bene le sua Weiß

 Buona Lettura, amico…

Opinione universalmente condivisa afferma che il Romanticismo Tedesco possa essere illustrato mediante l’opera pittorica di David Friedrich Caspar: “Der Wanderer über dem Nebelmeer” {Il Viandante sul Mare di Nebbia}.                                                                                Contrapposto all’Illuminismo, il Romanticismo è l’evolussione naturale del precedente movimento, infatti esso conserva ed esacerba la vocassione intellettuale e, trascendendo la rassionalità ortodossa, degenera nella speculassione, nell’elucubrassione, nell’illassione pura e nella fantasia. Nato in Germania, terra di pensatori e sognatori, lì il Romanticismo raggiunge l’acme e, intrecciandosi con gli animi e le inquietudini dei tedeschi del tempo, assumene, quindi, carattere nassionalista, religioso, nostalgico, contemplativo, ascetico; queste peculiarità trovano forma letteraria e pratica nello Sturm und Drang e nella Wanderlust, nell’Idealismo Tedesco, nella Filosofia e nella Teologia. Ad esemplificare ciò ci sono romansi e personaggi come: Leiden des jungen Werther {I Dolori del Giovane Werther}, Aus dem Leben eines Taugenichts {Vita di un Perdigiorno}, Kyselak, Beethoven, Heine, Novalis, Fichte…

Non solo nella Mitteleuropa, ma anche nel Regno Unito dilaga il Romanticismo e, come in Germania, radica nelle cosciense degli intellettuali britannici, ghermendone   gli umori. Il Romanticismo Inglese, in linea con la cultura e l’epoca, sfocia nel Titanismo, nell’incentivassione della politica coloniale e nel grottesco. La  Letteratura Nera è costellata da autori brillanti, come Shelly, Stevenson, Polidori, Brontë, Turner, mentre il richiamo a paesaggi esotici ed all’avventura emergono da testi come Il Libro della Giunga, Il Giardino Segreto e, forsatamente, Dracula…Tralasciando la tassonomia del  movimento culturale e sottolineando che il confine fra un periodo letterario od un autore ed un altro non è netto, bensì evanescente e che suggestioni romantiche posso trovarsi in altre epoche o generi, e precisando che il Romanticismo Inglese s’insinua in una nicchia temporale della lunghissima età vittoriana, torniamo a Caspar e cerchiamo di analissarne l’opera. A prima vista si individua un omino aristocratico, ritto su una roccia su uno sfondo cupo. Il dipinto, mediante metafore visive, compone un mosaico le cui tessere sono i temi ed i punti di derivassione del Romanticismo. Un qualcuno ottocentesco (informassione che riceviamo dall’abbigliamento) vaga per la foresta durante una tempesta, si ferma su uno sperone roccioso e contempla la natura selvaggia. L’errare per la foresta brulla è un rimando alla Wanderlust, magnificamente celebrata dal Perdigiorno di Eichendorff e dalla stessa cultura tedesca, che vede nel viaggio -nel senso più esteso del termine- un’occasione per crescere e migliorarsi. L’atteggiamento contemplativo fa emergere l’amore per la natura, l’aspirassione al sublime, la nostalgia, la malinconia e l’omaggio per l’era primordiale ed al tempo andato, la contemplassione della Divina Potensa, della patria perduta. Queste considerassioni, seppur celate, possono esser desunte da altri lavori dell’epoca, tanto da osservare come tutti i temi e del Romanticismo tedesco siano sintetissati in questo dipinto. L’amore per la natura, la Wanderlust (brama di errare nella natura) e la fede si trovano anche nei pensieri gai del Perdigiorno di Eichendorff; la tempesta ed il paesaggio brullo sono un rimando al nassionalismo nascente ed al tempo antico, quando la Terra era arida e nuda, una nostalgia del passato ed un altro tributo alla natura.  Il vento poderoso, che quasi fa cadere da basso il soggetto, rappresenta il sublime: il protagonista vaga nella procella, sfidando il tempo e, al contempo, ammirandolo con stupore e riverensa, quale manifestassione del DIVINO ed esasperato anelito di libertà; ancora la tempesta è l’ingrediente primo del romanso gotico e di avventura e collega al Romaticismo Inglese. Il capo chino dell’ometto si può interpretare come nostalgia o riverensa, tristessa o compiacimento sommesso, tutti umori romantici. Si potrebbe speculare al lugo sul quadro di Caspar, cosi come simili considerassioni posso esser fatte da altri suoi dipinti, da opere di altri pittori, quali: Louthemberg, Delacronix, Hayez, Goya, ma…
Desidero concludere, con una piccola spiegassione: oggigiorno si abusa della parolina “Wanderlust”, interpretata come desiderio ardente di viaggiare e di divertimento, impedimento a restare a casa -così mi è stato spiegato- e, peggio, si pronuncia in un idioma ibrido: metà tedesco maccheronico, metà inglese dilettantistico…In primo luogo quello in oggetto è un sostantivo femminile costituito dal verbo Wandern e dal sostantivo Lust; traducendo alla lettera abbiamo voglia di passeggiare nella foresta, espandendo la tradussione e cercando di darle significato preciso, per Wanderlust s’intende brama di errare nella natura, alla scoperta di se, della natura stessa; errare con spirito leggero, certi del divina provvidensa. Alla luce di ciò, la Wanderlust è configurata come un sentimento, come “cultura”, meglio come un ideale o una dottrina; tutt’altro che come voglia di lasciare casa per andare a fare bisboccia altrove!

 

Ing.Fritz Von Baumann

 -Volteggiando in un Mondo Nero; La Voce del Paese, Marso 2024-

sabato 7 settembre 2024

Policamente Corretto


 Non sono d'accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire

 

Caro Lettore,

riprendo la tastiera, per dialogare con te di una questione tanto spinosa quanto ipocrita: il Politicamente Corretto.

Quanti mi conoscon personalmente, san bene che “son solito gaffare”, o meglio, dire quello che diavolo penso e spesso vengo tristemente etichettato per questa mia tendensa alla franchessa.

Dalla mia prospettiva, me ne sbatto altamente di quanto la gente pensi di me, [ho usato il verbo sbattere, poiché mi piace molto questa espressione e me ne (sbatto) infischio sia considerata triviale], in secondo luogo, ho abbastasa cervello e fegato da restare saldamente ancorato ai miei ideali, primo fra tutti la libertà.

Quale paladino e garante della libertà, non esito assolutamente ad esplicare il mio pensiero, purché questo non costituisca un palese oltraggio ad un qualcuno; fatto salvo questo caso, dico sempre quello che mi va di dire, ad omaggio di quanti han perso la vita per guadagnarmi il diritto di parola e delle facoltà mentali di cui ancora godo.

Quanti han letto il precedente periodo, sicuramente han approvato il mio discorso, ma son cotanto ipocriti e smidollati dal non attuarlo. Sebbene, ansi, obwohl noi difendiamo la libertà e fughiamo l’ipocrisia, pur innalsando il gonfalone della libertà, ci tiriamo in dietro quando dobbiamo esprimere un nostro pensiero, diverso da quello comunemente accettato, però siam soliti pronunciare le testuali parole: -non me ne frega niente degli altri-, ma è risaputo: bocca e cervello lavorano indipendentemente e dal dire al fare c’è di messo il mare…

 Non so quanto sia corretto attribuire l’aforisma in cima a Voltaire, tuttavia lo appoggiamo e, le persone con un briciolo di istrussione, se ne avvalgono per vilmente, per mostrarsi audaci e schietti, ma non lo attuano affatto.

Quanto al Politicamente Corretto, esso è un insieme di regole atte ad includere e dialogare, preservando la dignità e la libertà di date categorie ed evitare le discriminassioni. Sono sempre stato un garante della libertà e, in linea alla Costitussione della Repubblica Federale di Germania, ritengo intangibile l’umana dignità, quanti mi conoscon sanno che non ho mai minato l’altrui libertà o preso le distanse da gruppi tendensialmente emarginati o discussi, tuttavia non ho mai esitato ad dire quanto pensassi, poiché considero il confronto la chiave della conoscensa e della crescita umana. Se si parla censurandosi, si finisce col negare quella libertà che si vuol difendere;  è un controsenso il politicamente corretto, è logico! Offendere, emarginare, etichettare è sempre sbagliato, ma esplicitare le proprie idee no, è fondamentale.

Molto spesso, non si ha la capacità di formulare una proprio pensiero, e lo si vede dalla copiosa presensa di nuove “figure professionali” : gli Influenser; si teme di esser esclusi e ci si allinea alla massa, abnegando se stessi; l’uomo non è fatto per vivere da solo, ergo tende a sacrificare se stesso, per evitare l’isolamento,questi comportamenti, ormai connaturati nella stragrande maggioransa delle genti, hanno dato luogo ad una mortificassione della rassionalità (intesa come capacità di ragionare e pensare) che, acquandosi, ha privato l’uomo della capacità stessa di pensare: si vive di emulassione, ci si uniforma al pensiero condiviso, di soffocano le proprie idee, tutti questo ha contribuito allo sviluppo ed alla dilagassione del Politicamente Corretto.

Solo pochi, hanno ancora facoltà di esprimersi e pensare autonomamente e questi sono pochi colti, pochi intellettuali, quasi sempre bollati strani, emarginati, erroneamente allocati in deplorati gruppi politici. Molti laureati, molti professori e professoresse, fra le quali spiccano alcuni della mia comitiva, rientrano nella precedente categoria, ossia di quegli schiocchi che non hanno studiato per pensare con la propria testa, ma sol per fregiarsi dell’immeritato titolo di dottore, pur non avendo mai avuto amore per la conoscensa e la libertà; come loro, mille altri. Il diffondersi del politicamente corretto nella classe colta, ha legittimato e consacrato questa filosofia, al punto di trasformarla in una ragnatela, che imprigiona tante mosche vestite di tocco accademico. Non è la laurea, il titolo di studio che differensia una persona da un’altra, ma la capacità di pensare autonomamente; capacità soffocata dal politicamente corretto!

 Esprimere un pensiero, diverso da quello degli altri, non significa esser stupidi, ma liberi e, ancora, noi godiamo di questo diritto, i nostri nonni no, altri popoli nemmeno, facciamo tesoro di quanto abbiam…

 Potrei continuare all’infinito, e forse lo faccio dopo, ma mi son rotto le scatole di scrivere, ciaoooo

sabato 3 agosto 2024

Amor ch'al cor gentil ratto s'apprende...


Caro Lettore,

dopo molto tempo, finalmente lascio salpare un vecchio vascello: condividere con te, caro lettore, la mia idea di relassione. Davvero da anni, desideravo redigere questo post, ma non ho mai portato a termine il mio proposito, poiché non del tutto convinto, o meglio, poiché non era ancora deflagrata la scintilla detonatrice…

 

Nel bene e nel male, tutti, prima o poi, si fidansano, si sposano, sfornano figli e pian pianino varcano la linea di demarcassione…

 

Capitolo Primo: La ragione dell’esistensa del Partner

 

Quale molla fa scattare nell’individuo, maschio o femmina che sia, il desiderio di imboccare la strada verso l’ineluttabile debacle?
-chiarirò dopo la ragione per la quale considero la vita in due una debacle-

 

In primo luogo, l’individuo è sottoposto alla pressione sociale, ossia all’Über-ich freudiano {Superego} che ci spinge a considerare la relassione come una sorta di imprescindibile fase vitale, come un dovere assoluto, meglio detto: “o trovo un partner o sono sbagliato”. A ragione dello svilimento e dell’alienassione dell’ego -siamo incapaci di pensare con la nostra testa e ci allineiamo agli stereotipi- tendiamo a cercare una persona con la quale condividere la nostra vita, necessaria o meno che sia e, se non sentiamo questa esigensa, siamo in errore; dobbiamo, a tutti i costi, trovare una fidansata.

 

-Questo è il mio blog, e qui comando io; io son maschio e contento d’esserlo, ergo considero il partner una ragassa; il testo è valido anche per le donne, basta cambiar genere, faccia il lettore l’opportuno cambio e non mi rompa le scatole-

 

Utile o meno che sia, ci si fidansa, per non esser additati come strani, falliti, sfigati o che dir si voglia…

 

Seconda ragione, per la quale ingaggiamo l’esasperata ricerca della fidansata, è la necessità fittissia di edulcorare la pessima vita che conduciamo.

In primo lugo, la vita è un dono ed in occidente non è pessima, se lo è, dipende solo da noi…

 

Noi e solo noi siamo autori della nostra tragedia, se così vogliam definire la vita…

Se non studiamo, poiché odiamo la scuola, finirem col svolgere un lavoro pietoso e guadagneremo una miseria; se andiamo in moto a 300km/h, prima o poi, ci frattureremo entrambe le gambe e finiremo su una sedia a rotelle; se lasciamo che siano gli altri a decidere per noi, allora vivremo una parvensa di vita… Gli altri decidon per noi, ogni volta che non pensiamo con la nostra testa e ci adattiamo alle convensioni, ogni volta che seguiamo la massa, per non esser diversi…

Tralasciando ciò, siamo persuasi che la vita sia dura e difficile, che essa sia una serie di altalenanti tornanti, che bisogna sacrificarsi per ogni cosa, che tutto abbia un carissimo presso…

Per nulla!!! Tutti nasciamo allo stesso modo, tutti abbiamo le stesse carte, se giochiamo male la nostra partita, perdiamo il piatto e se giochiamo bene vinciamo; sta solo a noi capire quali carte giocare…

 

Assunto che molto erroneamente intendiamo la vita come un arduo percorso ad ostacoli, sentiamo la necessità di trovare una persona che ci accompagni sulla via per il Calvario, vogliamo un Cireneo con il quale dividere il peso della Croce, che è la vita, ed è qui che arriva la fidansata…

“La mia ragassa mi supporta nelle giornate nere”; “La mia ragassa mi aiuta a ripetere prima dell’interrogassione”; “Con la mia ragassa, posso andare in pisseria quando voglio”; Con la mia ragassa, posso vomitare e ruttare come una bestia”… Son queste, essensialmete, le ragioni che ci spingono a cercare un partner, nulla di nobile, nulla del tipo: “La mia ragassa mi sta facendo studiare dai suoi libri, così, io imparo qualcosa che non sò”; “Con la mia ragassa, posso confrontarmi su alcune cose di cui non son sicuro”…Vogliamo un supporto, che non è più la famiglia o la comitiva, ma una creatura solo nostra -si ho scritto “solo nostra”, poiché la relassione sfocia sempre nella possessività e nella, del tutto erronea idea, che la fidansata ci appartenga, alla guisa dei boxer-.

 

In definitiva ci si fidansa per liberarsi dalla pressione sociale e per mitigare la crudeltà della vita che, ripeto, è puramente immaginaria.

 

Capitolo Secondo capitolo: Confronto ragionato delle vite da single e da Coniugati

 

Personalmente vivo una bella vita da single, che “condivido” con altri single.
Indipendenti e liberi, siam soliti incontraci, quando ne abbiamo voglia e condividere momenti di gioia e relax, nella totale ed assoluta autonomia, per poi lasciarci, rincasare e, ringrassiare DIO Altissimo per esser soli. Io sono un viaggiatore di professione -mio malgrado ho viaggiato con donne e sarà mia cura scrivere un post a rigaurdo- e da un po' viaggio con soli maschi. Questo comporta, inissialmente, avere una stansa singola da tenere più in disordine del caos universale -niente donne rompiscatole che ti chiedono di non gettare via le scarpe e non metterti al letto con i pantaloni con i quali ti sei seduto sul marciapiede-. In secondo luogo, non sei obbligato a guardare a vista quella sciocca della ragassa che si caccia nei guai; terso, puoi passeggiare a notte fonda, nei sobborghi malfamati, sensa temere nulla; quarto puoi entrare in tutti i musei/cattedrali/chiese/duomi/castelli/palassi che vuoi visitare; quinto, puoi mangiare ogni genere di robaccia e streetfood, sensa temere che ti venga sfilato il piatto o che ti venga proibito di acquistare alimenti dalla bancarella, poiché sporca; sesto, puoi parlare con chi diavolo vuoi, sia un barbone drogato, sbronso e violento, sia una dolce fanciulla; settimo, nessuno ti obbliga a far nulla; ottavo, se l’amico ha l’emicrania, non sei obbligato ad accompagnarlo in hotel e tenergli compagnia; ottavo, puoi passare la notte in aeroporto, cambiare volo all’ultimo secondo, visitare paesi freddi in inverno; puoi appisolarti ovunque, nessuno ti rompe le scatole; nono, puoi lasciare l’hotel prima degli altri, non devi attendere nessuno, decimo, mi son rotto le scatole di annoverare i pregi del viaggiare con single, continui il lettore il novero, se la fidansata permette.

 

Nel tuo paese, puoi uscire ed andare al cinema/pisseria/ristorante etnico -quanto odio quasta locussione- da solo, sensa fidansata che ti vieta di frequentare il ristoante cinese, poiché non ama quella cucina, o che non ti permette di guardare il film poiché non è il suo genere…

 

Non hai gente fra i piedi e disponi delle tue finanse come diavolo vuoi; nessuno ti chiama -valido nel mio caso specifico- “Ingegnere” solo per adularti ed avere qualcosa in cambio; ti svegli solo e vai al letto solo e preghi DIO di lasciarti single per sempre, sensa dimenticare di ringrassiarLO. Se hai la cacarella, dopo aver mangiato cinese e messicano, nessuno ti rimprovera; se vuoi partire all’improvviso, nessuno te lo vieta.

Non hai la famiglia di Lei da assecondare, tanto meno devi giustificarti con la tua se, esasperato, mandi al diavolo quella persona femminile che ti ha imbrigliato e ti ha fatto girare le scatole più che mai…
 

Vai al letto, spegnendo il telefono e, quando lo accendi, non trovi mille telefonate di lei

Puoi lasciare tutto e sparire per settimane, nessuno ti verrà a cercare…

 

Ci sono tanti altri vantaggi, ma ho fretta di finire il post, poiché devo sentirmi con la comitiva degli impenitenti single per organissare la serata di soli maschi di stasera, continuate voi il novero dei vantaggi…

 

Capitolo Terso: La vita di Coppia

 

La vita di coppia, molto laconicamente, si sintetissa in poche e dolorosissime parole: condivisone, baratto della libertà assoluta a fronte di una parvensa di appoggio e solidarità, obblighi infiniti

 

Da fidansato devi, in qualche modo, condividere tutto, nonostante si dica che i fidansati mantengono comunque una certa indipendensa ed autonomia: emerita bojata -non si scrive così “boiata”, ma mi piace maggiormente; mio blog, mie regole-

 

Ho visto ragassi liberi e felici, come me, che dopo sposato hanno rinunciato ai loro sogni più grandi, poiché non condivisi dal partner. Un mio amico carissimo, voleva a tutti i costi visitare uno stato occidentale e magnifico, la fidansata, ostile ai vaiggi all’estero, non ha permesso il compimento del viaggio e lui, poverino, morirà disperato per non aver realissato il suo viaggio… -Colpa anche sua che sottostà alla compagna-.

 

Son convito che chi è fidansato o lo sia stato, potrà annoverare meglio di me gli obblighi ai quali un partner deve attendere, ergo ne elenco solo uno: il fidansato deve essere: facchino, autista, accompagnatore, trofeo di caccia, psicologo, infermiere, bodyguard, raffinato oratore, spavaldo difensore, titolare di una banca svissera -deve sempre pagare lui, per lei, per la sua famiglia e per le amiche di lei-, machista e rude, ma anche raffinato e brillante…
Poi c’è il matimonio i figli la vita coniugale, ma questi capitoli non posson esser trattati qui, questo non è un blog di letteratura gotica… Lasciamo ad Poe ed a Mary Shelly il romanso nero…

 

Concludo, infine con due note:

 

La mia strenua difesa della via da single non deve mai esser intesa come un inno all’eremitismo (come diavolo si dice), l’uomo è una creatura sociale e sensa la società regredisce allo stato animalesco, davvero…L’uomo ha bisogno di amici ed amiche, di famiglia, di ragasse, di libri, viaggi e bar, ma tutto ciò non deve impegnare tutta la sua vita. Io, single, ho una vita mondana attivissima, faccio l’ingegnere a tempo perso ed il viveur a tempo pieno… Questo indica che io, single convito, amo la società ed ad essa devo moltissimo, ma non amo le palle al piede, che son le fidanste, le mogli, le segretarie appiccicose e simili… Non si dica mai, che l’Ingegnere è un asociale, per carità, ho amici in tutto il mondo…

 

Ho intitolato questo post, con la dantesca frase, che si parafrasa come, spero abbiate studiato, ad ogni modo: l’Amore -sentimento o fidansata che sia- si abbarbica graniticamente al Cor Gentile, ossia all’uomo sereno e libero, quale è per natura e, una volta cementatosi su esso,diventa un indissolubile tutt’uno che degrada entrambi, trasformando due meragliose creature, uomo e donna single, in un terribile mostro, che nutrendos di rammarico, dolore, frustrassione, sofferensa e delusione, rovina le vite di quanti incontra…


 

giovedì 1 agosto 2024

È tanto bella l'Italia....

Caro Lettore,

riprendo oggi la tastiera per scrivere un post che, pur apparendo polemico, è finalissato a sconfessare le filistee idee sui viaggi all’estero.

 

Premetto che non mi sento minimamente scalfito dalle critiche che ricevo a ragione della mia propensione al viaggio, poiché esse provengono solamente ed esclusivamente da persone grette e immeritevoli di considerassione.

 

In questa sede evito di disertare sulle ragioni psicologiche che muovon la gente a viaggiare e focalisso l’attensione su altro.

 

Non sta a me giudicare la qualità dei valori morali di una persona, tuttavia per me riveste particolare importansa la conoscensa, penso sia essa una delle cose più importanti in assoluto. La conoscensa, paradossalmente, non può esser acquistata solamente a scuola od all’università e non è mai troppa; un buon modo per elevarsi culturalmente e socialmente è conoscere il mondo, sfondare i confini del quotidiano, del nostro paese, della nostra cerchia di amici e lanciarsi nel mondo, alla scoperta di tutto.

Nel corso dei miei viaggi, ho diviso il tavolo della mensa con gente di ogni dove, ho adagiato le mie ingegneristiche chiappe su lerci marciapiedi, ho conversato (spesso in inglese maccheronico o tedesco fluente) con persone di ogni etnia ed estrassione sociale (cosa che non mi sognerei mai di fare in Italia), ho passeggiato di notte con fanciulle e fanciulli ubbriachi persi, ho schersato e riso con chiunque, magari anche col diavolo con le corna; ho mangiato e bevuto molte cose (anche frutta e verdura, che in Italia veementemente scaccio via)…
La miglior Geografia l'ho studiata viaggiando, guardando con occhi i fiumi e le montagne, viaggiando ho approfondito la storia, in Islanda ho imparato qualcosa di Geologia, in Europa ho scoperto la Storia dell'Arte e l'Architettura, in Teutolandia ed in Slavia la Gastronomia... 

Nel corso dei miei viaggi, ho avuto modo di appressare architetture differenti ed autoctone, ben lungi dal consueto stile rinascimentale italiano o barocco pullulante a roma. Ho smentito la famosa e stupidissima frase: “L’Italia è il paese più bello del Mondo”; cosa è bello, se non quel che piace? Come posso appressare il bello, se non ho un termine di paragone, meglio come so che una roba è bella se non ne ho vista una brutta?

Perché devo dire che solo in Italia si mangia bene ed all’estero fa tutto schifo ? Ci son molti, ma davvero molti, posti in cui si mangia divinamente, forse anche meglio dell’Italia, riconosco, tuttavia che la Pasta che facciamo qui non la si trova altrove e che questa è una delle tre cose di cui sento davvero la mancansa quando son via.

Non di rado incontro gente che snobba i paesi non turistici, come se il viaggio fosse bello, valido ed utile, solo se approvato dalla stragrande maggioransa della marmaglia: se vai in Puglia, in Salento, a Santorini, fai un gran bel viaggio, se ti rechi in Slovacchia, in Armenia o non so dove, significa che non hai capito nulla della vita ed hai soldi da gettare...
Quello in Islanda è stato, ad oggi, il più bel viaggio mai fatto, eppure mi fu detto ch'ero andato a vedere pietre ed eschimesi, che avevo sperpretao denaro ed avrei fatto molto meglio ad andare a Gallipoli a vedere i glutei fluttuanti delle balneanti... Questa è la gente: una massa di filistei, volgari, incapaci di avere un pensiero proprio, una mandia di bussurri che vivono di riflessi e convensioni...


Ancora, quest'anno, mio fratello ha invitato molte persone al consueto viaggio estivo aperto alla comitiva, tutti ci hanno snobbato, ritenendo che la meta fosse scrausa ed indegna di visita...
Se è questo lo spirito del viaggio, allora è preferibile restare a casa, andare in spiaggia per contemplare le altrui chiappe e lasciare a pochissimi la possibilità di elevarsi culturalmente e spiritualmente; dopo tutto si sa, la cultura e le larghe vedute non son per tutti....
Davvero è molto meglio che queste persone restino nel loro guscio di ignoransa e filisteismo, non accada mai che imparino qualcosa di differente dalle boiate propinate dalla tele o fruibili in spiaggia...

Questo post, come già precisato, non vuol esser una ingiustificata invettiva contro quanti non viaggiano, giammai mi permetterei di metter in discussione l’altrui operato, bensì una, più o meno, disertassione sull’importansa del viaggio.

Le scansonate frasi “E’ tanto bella l’Italia…”, “Non conosciamo casa nostra e dobbiamo andare all’estero ?”, “Stiamo qui, viaggiare è pericoloso…”, “Gli stravaganti viaggiano, quelli che non hanno nulla da fare” , “Sempre queste cose strane dobbiamo fare?...” -Sono stato fedele alle frasi, non le ho depurate da carattere meridionale che le caratterissa- e robe del genere, mostrano perfettamente l’indole del pronunciatore: una persona gretta, prima di ambissione ed amor proprio, una persona che sguassa nella sua possanghera, credendo sia essa l’oceano. Queste frasi vengon sempre dette da quelle persone che son cresciute sensa stimoli, in famiglie piccole, da persone davvero da compiangere, giustificare e condannare. Riconosco che non tutti sian nati in famiglie di alto ceto e che non tutti abbian ricevuto stimoli validi, tuttavia, vivendo in una società altamente coesa, in cui tutto è fruibile a buon mercato, ci si può anche sforsare di mettersi in gioco e cambiare punto di vista, ma molto spesso è più facile lagnarsi, criticare gli altri, piangersi addosso…

 

Questo fa la gente che non viaggia, invidiosa ed insicura, gretta e cattiva, si chiude nel proprio castello fatiscente, si cinge il capo con una corona da re e, sedendosi sul trono diansi alla tv, come un arrogante re, getta fango su quei cavalieri che, gettando via le loro sfarsose vesti, montano il primo cavallo e partono alla ricerca del Santo Graal, sfidano draghi e streghe, salvano principesse e mendicanti e rincasando con ferite e tesori….

 

Cara persona che critichi i viaggiatori, resta a casa, non accada mai, che salti il quotidiano lavaggio del cervello o che cresca culturalmente, dopotutto la miglior istrussione è conoscere i protagonisti dei reality show e sapere di Chiara Ferragni...

PS Il titolo è, volutamente, scritto in pugliese

venerdì 21 giugno 2024

Dänemark!!!!

 


Mein Lieber Leser,

heute schreibe ich auf deutsch, denn ich fühle mich besser als, wenn ich auf italienisch erzähle...

Du bist hier, weil die dänische Flagge bemerkt hast…

An jahren hab ich die Dänen gehasst, trotzdem, wenn eine Reise schiefgelaufen ist, soll das nicht heißen, dass das Land oder das Volk böse sind…

Immanuel Kant hat uns diesen Gedankensplitter hinterlassen:

Der Frieden ist ein Meisterwerk der Vernunft

Wenn ich die Vernünftigkeit befürworte, kann ich einen Krieg weiterbringen? Wie könnte ich mich einen Rationalist hinstellen, ob ich gegen Dänemark nachtrage ? Die echte Freiheit liegt in dem Seelefrieden, nicht in dem Groll...

Vorige Tag, zufällig, hab ich ein Feature, das darüber Dänen in Stuttgat erzhält, ich blicket Jungen als ich, die sich vergügnet, bis die alle Biergärten leere wurde -Die Däne sind berühmt Saufer, errinesterst du Hamlet...?- In jeder Weise, haben sie keine Schuld, ob meine Reise schiefgelief…

Obwohl ich des Schweden Freund bin, wirklich wünsche ich den Friede mit Dänemark...
Heute werde ich begeisterter Anhänger von Dänemark sein und, eben werde ich es finden, werde ich einen FaxeBier einkaufen und ich es werde trinke allein, und später wede ich auf Dänische spinnen; letztendlich gewönlich ich flippen auf englisch aus, werde ich tue mich nicht schwer auf Dänische heißlaufen…

Die Deutschen dozieren, dass mit einem gutem Bier in der Hand, sind all Freund und ich bin sicher, dass die Dänen stimmen

Entschuldigung Dänemark… Es tut mir leid…

Die Frieden gemacht wurde!


PS Eben jetzt hab ich die Fotos der Reise in Dänmark gesehen und hab einen grossen Leid gespürt… Ich trage keine Schuld, ich bin noch wüttend und immer werde ich so sein, jeddoch ich geschieden von meinem Bruder wurde, jetzt bin ich frei und bald, ich hoffe, werde ich einen Schlusspunt hinter diese Geschichte setzen….


venerdì 15 settembre 2023

Il...Il...Il Libro dei Morti


 

Nulla è più spaventoso del Libro dei Morti, quello che da esso vien trangugiato non torna mai più…


Caro Lettore,

dopo tanto, tanto, tempo riprendo la tastiera per condividere con te una storia alquanto esilarante.

Qualcuno di voi ha, qualche volta udito la raccapricciante locussione “Libro dei Morti” e, improbabilmente si è documentato sullo stesso, giungendo alla conclusione che esistono due “testi dedicati ai cari estinti”: quello tibetano e quello egissio. Il secondo è una raccolta di formule magiche, rituali ed istrussioni, che il defunto deve eseguire per giungere alla destinassione eterna; il primo narra del passaggio fra vita e morte e della reincarnassione dei buddisti. Tempo fa, ho appreso che, in Puglia, ne esiste un terso, che è forse il peggiore; prima di illustrarvi il contenuto, faccio un breve cenno alla storia che mi ha permesso di conoscere lo stesso.

C’era una volta, una bellicosa donna, figlia di una famiglia numerosa e benestante che, dopo la scomparsa dei genitori, si ritrovò sensa eredità. La donna, tralasciando la veridicità della vicenda, riteneva i fratelli colpevoli del suo diseredamento e, mossa da determinassione tipica delle donne pugliesi, intentò diverse cause ai suoi parenti, spendendo buona parte del suo patrimonio. Nel narrare questa storia, pronunciò la frase fatidica: -Io ho scritto i soldi i miei genitori nel libro dei morti, ma spendo tutto quello che ho, pur di vedere in galere i miei fratelli e le mie cognate-. Da questa frase, colma di livore, si comprende l’esistensa di un “terso libro dei morti”.
Il testo in oggetto, la cui definissione diamo e cristallissiamo, è un libro immaginario nel quale vengono annoverate le cose sottratte, le occasioni perdute, quanto non si può più riottenere, quanto è per sempre perduto.
Lemmi di questo libro sono: l’eredità della donna pugliese, denaro che mai più avrà, il teewurst che fu sequestrato a Fritz nell’aeroporto di BadenBaden, il Salome di Riga del 2014, i capelli dei pelati, le patatine mangiate…

Ognuno di noi, purtroppo, perde qualcosa e mai più la otterrà e, quando ciò avviene, con dolore, l’annovera nel Libro dei Morti.

Caro lettore, anche tu, ora puoi annoverare nel tuo personale Libro dei Morti, quanto hai perso e mai più riavrai.
Il sapere di perdere ineluttabilmente qualcosa è, di per se, inquietante e lo divernta ancor di più, sapendo che questo quid, una volta fuori dalla nostra portata, viene annoverato nello spaventoso Libro dei Morti

Io son solito invitare mio fratello a segnare nel suo libro le mie consumassioni al bar, con la frase, ormai celebre: -Puoi annoverare questa Fanta nel libro dei morti, fratello! Non intendo rimborsarti!-
Ben comprendi, caro lettore, quanta paura incuta questo bieco testo e quante mie consumassioni sian annotate su quello del mio vecchio fratello…


Caro Lettore, con la speransa di averti strappato un sorriso, preciso che questo post è teso a spiegare il significato della frase “Nel Libro dei Morti”, che il testo in oggetto esiste davvero, la storia narrata è realmente accaduta e che il post ha carattere meramente ironico!!!