venerdì 27 giugno 2025

Da Poliedro a Sfera è questione di bellessa!

Caro Lettore,

è finalmente giunto il momento di rompere gli indugi, fin'ora protratti a beneficio di quell’etica contorta, che m'impone di levigare lo sperone dialettico con il quale, mio malgrado ho, qualche volta, insidiato il mio stinco corroborato, fino a claudicar ramingo e dissertare un tema spinoso al quanto…

Sarei molto lieto d’apprender, sia stato il mio lavoro letto fino al termine, confido nella tua pasiensa…

Seppur rabberciato e dolente, ancor non m'arrendo, ancor intendo, ivi palesare, il mio sgomento per l’odierno Adamo.

A tal uopo m'avvalgo di una metafora geometrica che, sicuramente, gioverà al lettore ed allo scopo perseguito dallo scrittore: il poliedro [Rammentate cosa sia un poliedro?].

Avvalendoci dello strumento principe dell’Analisi Matematica, quale il limite, possiamo osservare che, se considerassimo un poligono di n lati di una data lunghessa e se facessimo tender essa a sero, il poligono in oggetto degenererebbe in una circonferensa.

Consideriamo ora un poliedro di n facce di data area ed andiamo in R³ e facciamo in modo che un limite tenda all’infinito ed uno a sero, precisamente quello della superficie i-esima del n-esimo poligono, mentre tende a sero quello del numero delle superfici componenti il poliedro stesso.  

Rigidamente trasliamo il metaforico impianto, ivi illustrato, nel piano reale e quotidiano e, parimenti, assimiliamo l’uomo al poliedro e le sue attitudini, inclinassioni, propensioni tutte e velleità, financo, alle superfici di cui si costituisce.

Sì facendo ci ritroveremo dinansi ad un uomo eclettico o, quanto meno, allocato in una eterogenea pluralità di campi, la cui estensione superficiale, non fatico a supporre, sarebbe equipollente all’ardore verso talune predilessioni o, meglio, alla pendense verso le stesse.

Se ora facessimo tendere, rispettivamente a sero e ad infinito, i limiti delle estensione superficiale e del numero di poligoni, allora il poliedro degenererebbe in una sfera, dalla superficie continua o, tale approssimabile. Tralasciando la continuità della superficie, che sol apparente essa è e affermando che, sebbene tal sembri, comunque essa consta di contenute aree, allora vedremmo un poliedro trasformato in sfera ed un Adamo in un automa; ancor meglio l’annichilimento superficiale della figura n-esima, pur donando omogeneità al solido, depaupera esso del suo anelito ancestrale, svilendolo a tanghero filisteo.

Il processo ivi illustrato, nella sua semplicità quasi rasentante il grottesco, ben descrive il ruolo svolto dalla società odierna, che perora ed eleva la beltà a virtù somma, a discapito e vilipendio delle virtù antiche che han essa portato alla dignità attuale.

Mi induce un sorriso nostalgico, questa riflessione: evoca la Legge di Faraday-Newman-Lens o, se si preferisce, l’epopea del Prometeo Moderno, ma non indugio nei fumosi ricordi e riprendo il discorso.

Pur ritenendo legittima e funzionale alla personale ascesa la brama di beltà, fatico a tacere l’opinabilità della stessa: sebbene sia l'avvenensa delissia per l’occhio, non dispone essa di passaporto per l'intelletto che, pur nobile ed spregiudicato, raramente pecca d'indulgensa. Il sever guardiano del supremo organo, scruta con dovissia i forestieri e, quando questi non mostran subito chiara virtù, relega costoro in tristi anditi, come è giusto che sia.

In ottemperansa all' antico proposito e memore del dolor subito dallo stinco ardito, acclaro il punto ancor oscuro.

Non intendo riesumare il Ferin Fanciullo di Victor dell'Aveyron o il Buon Selvaggio di Ruosseau, bensì convocarli qui per dimostrare che l’uomo che rifugge la società, sens'essa sarebbe esso non dissimile da una bestia; l Adamo di ogni epoca s'assurge alla somma dignità sol quando è sorretto da altri Adami ed altre Eve e, qualora questi non ci fossero, egli si annichilirebbe fino a divenir uno dei primi anelli di Darwin. L’Adamo in auge è tale, ribadisco, sol quando è paletto del fitto traliccio, che è la società che io qui, biecamente, sferso.

Lungi da me profanata il caldo giaciglio ove sin cresciuto, ma mosso da filiare amore, reguardisco la balia di noi tutti, faticosamente tanto di raddrissar il tortuoso alveo, affinché più fresca e vigorosa acqua disseti i miei fratelli.

Nulla sarei io, se non mi fossi abbeverato da quel torrente corrotto che oggi, ingenuamente, cerco di rettificare; poco più di un babuino sarei io, se non fossi stato deposto nei laidi cenci che scaldavan la mia le mie membra piccine. Seppur sopraffatto dal fetore ed avvolto in stracci miseri, per grassia DIO, ho avuto amorevoli genitori, che mi hanno inissisto alla virtù nobile.

Oggi, dal mio sgangherato trono, sul quale siedo scomodo, osservo che la culla sporca, che un tempo m'accolse, oggi è fatiscente, mefitica, sfondata…

Sofferente alla vista di tal vilipendio, esorto voi, adone e meravigliosa, ad abbandonare il vostro nido, per restaurar quella culla, che un tempo non lontano v'accolse, per illuminare quella malconcia madre che oggi, orba e perversa, vi nutre col veleno.

Propugnare la bellessa esteriore ed assurgerla a discriminante unico dell’uman valore, non è sciocco od orbo, giammai, ma degno del peggiore degli uomini, di colui che abiura la sua natura e preferisce la bestialità canonica alla casta all’umanità…

In virtù di tal filosofia, l’attuale società appare come un campo di sfere, piuttosto che un giardino decorato da poliedri: tutti gli uomini puntan alla bellessa, al fascino, non alla cultura. Non c’è più l’ambissione di studiare ed elevarsi socialmente, vincere la borghesia ed affermare il proletariato, bensì s’aspira ad esser belli e, seppur belli, anche schiavi, operai, subalterni, poiché la bellessa, virtù somma, un girono, guadagnerà un trono…

In forsa di ciò si è osservato il moltiplicarsi e la nascita di professioni nuove, quali l’estetista, il persona trainer, il titolare di palestra, il chirurgo plastico…

Ebbene, il nuovo Adamo non brama un mentore, non agogna l’università, non ama la lettura ed il teatro, ma veementemente spasima per un corpo corroborato, un viso liscio, un paio di tette grandi, gambe tornite, poiché son essi la scala che conduce al successo ed alla felicità e tant’è vero quanto affermo che tu, aitante adone e bellissima gnocca, non hai capito un cacchio di quanto hai letto, però hai muscoli e tette e tanto bastan…

Mi duole, ma del tuo bel corpicino mi stanco presto e l’uomo muscoloso posso rimpiassarlo con un paranco...

A benefico del lettore poco brillante, le facce del poliedro son gli interessi dell'uomo e, quando l'unica sua preoccupassione è la bellessa, allora i poligoni si riducon a punti ed il poliedro diventa una sfera...



martedì 24 giugno 2025

L'Accappatoio di Lenin {Volteggiando in un Mondo Nero}

 

Caro Lettore,

in questo caldo Luglio, pur a corto di idee, ho fortuitamente trovato qualcosa degno d’esser raccontato ma, prima di entrare nel vivo dell’articolo, ti narro di come ho avuto l’idea. 

Non diversamente da te, Amico che mi stai leggendo, son anch’io stretto nella rovente morsa del caldo e, con buona pace di papà, ho tutte le finestre spalancate e le porte che sbatton, mettendo a repentaglio l’integrità delle pareti, quadri, dei vetri delle finestre, infissi e serramenti tutti... L’altro giorno ho un po' cercato di scriver qualcosa, ma nulla, davvero nulla. Poi mi son guardato attorno, ho visto vibrare gli attestati appesi nella mia stansa e le foto, i fogli volar via, sbattevan porte… Poi ho visto sventolar l’accappatoio rosso ed ho avuto l’idea: Lenin!!! L’accappatoio, che goffamente si librava ancorato al appendiabiti, m’ha evocato il buon Nikolaj ed eccomi qui!

Son certo lo conosca e non intendo raccontarti di lui e della sua epopea, ma della sua mummia, ma prima necessita una minima contestualissassione.

Le dinastie sariste russe, da Ivan il Terribile a Nikola II Romanov s’era da sempre professate ferventemente ortodosse -a suffragio di ciò, evoco Rasputin- anche a ragione della società autoctona non definitivamente modernissata da Pietro il Grande… In epoca prerivolussionaria ed oggi ancora, il popolo russo e slavo tutto era particolarmente affascinato dalle reliquie e dalle icone sacre e la loro diffusione era capillare. L’avvento dei Bolscevichi e l’attuassione dell’ateismo di stato, atto a modernissare il paese, si tradusse anche in un a nuova furia iconoclasta, che privò i “servi della gleba” degli amuleti a lor tanto cari che, tuttavia, dovevan esser rimpiassati e modernissati e strumentalissati.

Nel 1924 sua rivolussionaria altessa Vladimir Nikolaj Lenin -il lettore mi conceda di sfoggiare la mia esile conoscensa del cirillico, roventemente acquisita in Bulgaria, quindi, Владимир Никола́й Ленин- passò a miglior vita e, ragione della grande affluensa alle sue esequie, si dispose di esporre le mortali spoglie, che in breve si videro omaggiate da una miriade di persone, tanto da indurre Stalin a stumentalissare il fenomeno, ossia mummificarlo. La mummificassione di Lenin avrebbe avuto un molteplice fine: in primo sarebbe stata un surrogato religioso: avrebbe restituito al popolo il culto delle reliquie e del pellegrinaggio al santuario; dopo avrebbe corroborato il culto della personalità, pilastro secondario delle dittature ed anche di quelle di sinistra -non poi alieno da quello cristiano, caro agli ortodossi- e, infine, avrebbe insinuato un messaggio forte e tangibile: l’eternità della rivolussione e dell’ideologia.

Al fine di implementar tutto ciò, furon convocati Boris Zbarsky e Vladimir Vorobiev per mummificare l’umano detonatore della Rivolussione; a ragione dei loro meriti, ottennero grande onore e fama immortale, il loro metodo di mummificassione, unico al mondo è ancor studiato ed utilissato, si vedano le mummie koreane, prima fra tutte quella di Kim Il Sung, preparata nel laboratorio fondato da Boris Zbarsky…

Tornando a noi, ancor oggi Lenin domina la Piassa Rossa, non più dal podio dal quale fomentò il popolo nel Febbraio 1917, naturalmente non avvolto in un accappatoio rosso bensì da un mausoleo che ne ospita il corpo dal 1927, afficnhé quanti ne han voglia possan andare a salutarlo, rammentando che quello accanto è il Cremlino, non la Cattedrale di San Basilio….

Fritz Von Baumann
L'Ingegnere
La Voce del Paese, Luglio 2025
L'Accappatoio di Lenin

martedì 17 giugno 2025

Quella Notte che non Ritorna....-Maturità 2025-

 


Prologo sul molo

Questa è la notte più magica dell’anno, la più romantica, la più nostalgica…

Persone, avvolgiamoci nel soffice mantello della nostalgia e, accomodandoci in balcone con una lattina fra le mani, facciam memoria della

nostra Notte Prima degli Esami… Ho riesumato queste foto, orami scattate in un tempo molto molto lontano...Esse mostran com’ero, com’era la mia scuola e l’ultima come son ora… Non mi sento affatto vecchio, per carità! Son solo conscio che da quell’uscita trionfante da scuola ad oggi son molto cambiato e, nonostante tutto, non rimpiango affatto quel tempo, ne lo guardo con nostalgia, bensì son contento d’esser qui e, dal mio attuale trono, scrivo a voi, amici, colleghi, professori, persone tutte…

Leggetemi e, se avete voglia, commentatemi; buon viaggio, amici…

In questa notte primaverile, come un veliero che lambisce la placida acqua del mare caldo, mi lascio sospinger dal vento della dolce nostalgia e, guardando le stelle che brillan nel cielo nero, torno in dietro nel tempo e penso agli anni della scuola ed alla notte prima degli esami…

Ragasse e Ragassi, come giunchi al vento, lentamente attraversan il corso grande illuminato dai lampioni gialli e, sfiorandosi le dita, sussurran e ridacchian; studenti e studentesse assonnati ed esausti sfoglian il librone di Letterarura; alsando la testa si vede un nonno accaldato fumar la sigaretta in balcone…

 Notte prima degli esami: notte di preghiere, notte di magia…

 Ed io dove sono? La lettrice mi vuole al suo fianco, con la giacca verde appensa al braccio e pronta per esser posata sulle sue gracili spallucce, magari mi immagina in uno dei miei viaggi con i capelli al vento ed il sole riverberante sui rayban, forse ancora mi vuole alla scrivania a scriver e studiare, decida lei…

Il lettore mi vede su quel corso, con la lattina di coca cola nella mano, diretto a casa della fanciulla di turno… Io, personalmente, mi sento in tutti questi luoghi: no ne preferisco uno in particolare, son stato in tutti!

Da diplomando -è ormai questa storia vecchia- ero un ragasso serio, uno di quelli bravi, che non diceva parolacce e cenava a casa…Finita la scuola, finì un’epoca e… e ne inissiò un’altra…L’estate dipartì da me; gialle come i lampioni del corso, così diventavan le foglie degli alberi che, ondeggiando nel vento, alla stregua del galeone dei pensieri che delicatamente solca il mare, nuove persone incrociavan la mia rotta, nuovi orissonti vedevo a prua, il sole calava e l’alba saliva.

Arrivò Colei e, sulle notte degli Ostacoli del Cuore, scartammo notti e pacchi di Natale, lasciando naufragare il dire ed il fare. I rayban diventaron compagni inseparabili, come il chiodo nero e la cravatta. Salivo e scendevo da aerei, studiavo, scrivevo, suonavo…

Il mio bel tema della prima prova giaceva, ormai da tempo, in qualche polverosa scatola riposta nel sottoscala della scuola ed il SedraSmith e l’Halliday troneggiavan sulla mia scrivania, affianco alle lattine accartocciate e le pelline di daino regalate dalle mie ammiratrici.

Colei, Costei, Francesca, Claudia e tante altre persone han attraversato i miei cieli, alcune ancor orbitano attorno a me, altre son sparite, come meteore accelerate…

Ormai son trascorsi un poco di anni e noi siam ancora qui, dopotutto questa notte è ancora nostra…

Colei sta dando il biberon al suo pargolo; Costei sta stirando; Francesca è chissà dove; Claudia starà ballando in spiaggia con uno dei suoi capponi ed io, dove sono io?

Mein Leser/in, dove vuoi che io sia? Stasera L’Ingegner Fritz Von Baumann ha congedato Leopardi, col quale è andato all’inaugurassione della Biblioteca, e s’accinge a guardare Notte Prima degli Esami, pregando DIO, che sia rimasta in frigo qualche lattina; l’autore di questo post, invece, dove lo mettiamo?

In qualsiasi posto verrà collocato starà bene e, se non gli garberà, non esiterà ad andar via -su questo, suppongo, il lettore è d’accordo con me-. Ad ogni modo, come un sortilegio che germische le ragasse ed i ragassi, stanotte e nelle successive sere, tanti, tanti studenti si stritoleranno il cervello al pensiero della Maturità, ma presto si romperà l’incantesimo e la magia di questa notte si compirà: se avranno fegato e palle saran come me, altrimenti…

Vi attendo qui, fra qualche anno, raccontatemi di voi, dei vostri anni post diploma, della vostra notte prima degli esami, dei vostri successi e delle vostre sconfitte.
Se non mi trovate, non abbiate timore: vuol dire che son in Germania o in compagnia di qualche fanciulla… Ma appena torno, vi leggerò. Lo sapete, dopotutto: io son libero, vado e vengo.

Epilogo sul veliero

Or isso le vele, mio Ammiraglio, impugno il sestante e prendo il largo… Una nuova avventura m’attende, un viaggio si staglia innansi a me. C’è una fanciulla laggiù che mi chiama, magari sei tu…

In bocca al lupo, studenti!



venerdì 6 giugno 2025


TESTO IN FIERI, MI SON ROTTO DI SCRIVERE


Mein lieber Leser,

heute verfasse ich dieses Posting um über die Schönheit der deustchen Sprache zu reden.

Wie du bemerkt hast, schreibe ich gerade nur auf Deutsch, damit ich dich mit meiner Ausdruckskraft beeindrucken kann. Wenn ich auf italienisch geschrieben hätte, hätte ich sicher nicht die gleiche Wirkug in dir umgefüllt, weil die Stärke der deustchen Sprache liegt in ihre Fädiehigkeit tiefe Gefühle und verworrene Gedanken und das ist etwas, das uns auf italienisch fehlt!

Erstens, möchte ich  manche unübersatzbare Wörter vorstellen, wie: Sehnsucht, Fernweh, Seelenverwandter, die berühmte Schadenfreude, das Verb freuen sich… Ich könnte mit anderen Beispielen fortsetzen, aber…
Nachfolgenden wurde die ertse Bibel auf Deustch gedruckt, nicht auf Laitein oder auf Italienisch, die Sprache der korrupten Päpste, sonder auf Deutsch: die Sprache jener, die den Buchdruck erfunden haben!

Um bei der Diskussion zu bleiben, melde ich euch, dass Kant und Hegel deutsche waren, ebenso Fichte, Martin Luther und Erasmus von Rotterdam; daraus können wir schlussfolgen, dass GOTTs Deutsch spricht, denn die Heilisbotschaft hat uns auf Deustch erzogen, während der Bösheit spricht Latein oder Italienisch, meint man Mafia oder alten Römer in dem Kolosseum…

Habt ihr nie Novalis, Morgesten, gelesen ? Aus Eichendorff spüren wir die Liebe zum Leben und zum Natur, das Anventrauen an GOTT, Hegel hat GOTT rationaliziert, für Spinoza GOTT war das Absolute Ganz, sogar Kant schloss nicht aus GOTT; ebenso Ratzinger und viele große Theologen waren deutsch, obwohl ich daürber weiter sprechen könnte, möchte ich jetzt über Wirtschaft reden. Gauß, Einstein,



 


domenica 1 giugno 2025

La Cultura Universale


Mein Lieber Leser,

oggi il mio animo è imprigionato nella gabbia del dubbio e del rammarico e, relegato in questa iniqua cella, riprendo la tastiera, affinché le lettere che batto, come dardi affilati, possan fender le tenebre che m’avvolgon e permettere alla luce di illuninar questo bieco anfratto…

Le catene che cingon i mei arti son quelle del dubbio e dell’incomprensione; mi sia pur detto, della tracotansa e della miopia.

Tu mi conosci, egregio lettore, sai di me e del mio passato, sai della mia doppia anima e del mio guru, che qui, come ormai tradissione, cito, parafraso ed adatto.

 

Die beste Bildung findet ein gescheiter Mensch auf Reisen

{Wilhelm Meisters Lehrjahre JWG}

Dal viaggio, l’uomo saggio, fruisce la miglior cultura

{Gli anni di Apprendistato di Wilhelm Meisters JWG}

 

Nel corso della mia eclettica e convulsa vita, ho certamente viaggiato, ma ho anche studiato e mi son laureato, ho letto di Arte ed Architettura, di Filosofia e Letterarura, ho frequentato (ed ancor frequento) Teatri, Mostre, Conferense e tutti gli eventi culturali possibili ed immaginabili; non son estraneo ai piaceri terreni, facilmente mi concedo ai bagordi e frequento bar e postacci, ho amici ed amiche, con loro trascorro tempo pressioso ed arricchente; parlo con tutti, con gentiluomini e mascalsoni, con gran donne e squinsie dei bassi fondi, studio pianoforte classico, mi son cimentato nell’apprendimento del bulgaro; d’osterie e salotti son fisso ospite; son andato alla scuola pubblica ed mi son calato nel più profondo strato della società, quello annegato nel marciume e nella depravassione totale, ma non mi son corrotto…

Ho prodotto Letteratura di varia natura, ho fatto mille altre robe, DIO solo sa cosa non ho fatto…

Non so qui, tuttavia, per sciorinare la mia vita traviata -sia pur detto e lo sottoscrivo: vivo da dandy e la bussola della moralità ipocrita raramente ha puntato a nord, ma per raccontare puntualmente quello che m’è successo.

Da anni conoscevo un ragasso, una persona brillante e colta, poiché laureato in Lettere, qualla laure ache io non ho (ne ho due in Ingegneria) l’ho risucchiato nel mio entourage e l’ho praticato per molti mesi, pur essendo lui stato scorretto con me…

L’altro giorno m’ha invitato ad un tedioso salotto letterario, uno di quelli che ho frequentato per un po' e, poiché non avevo voglia d’andarci, ho declianto l’invito. Lui, che non ha altri svaghi -mi sia perdonata la crudeltà- ha violentemente cercato di persuadermi ad andarci ed io ho cordialmente rifiutato l’invito. Alla mia guisa, ho ribattuto le sue argometassioni con buffonate e battute stupide, certo che ne avrebbe colto la natura, Lui, invece, ha inasprito il tono, accusandomi di filisteismo, di classismo, d’esser un ignorante ed un vile e tante altre cose che non riporto qui, chi se ne frega.

Il suo mondo inissia e finisce sulla Letteratura, il mio, l’ho già detto, è isotropico…

Avrei potuto sotterrarlo, chiedendogli dei suoi viaggi, dei paesi visitati, degli idiomi parlati, delle fanciulle con le quali si è intrattenuto, dei suoi lavori (è disoccupato), di quello che ha mangiato e bevuto, della sua vita in generale. Avrei potuto dirgli che il suo non era, come lui voleva far credere un invito sincero, bensì la pretesa di un passaggio fino al salotto (lui non guida e pretendeva che l’accompagnassi io quando mi son rifuitato, ha ingaggiato una violenta invettiva contro di me) ma non l’ho fatto. Non sono ne una brava persona e misericordioso, bensì il peggiore fra i bastardi, ma credo fermamente che se una persona non comprende che la cultura è eclettica, allora né un fraterno discorso, tanto meno la polemica possan fargli cambiare idea…

Ha addotto, a suffraggio della sua tesi, la mia seguente farse:-Chi se ne frega, son quattro vecchi che stan lì… S’impara di più [non posso riportare la frase completa] che al salotto-

Ho detto questo e lo confermo e, da questo pulpito, vi spiego il mio pensiero.

Ho frequentato il salotto per molto tempo, sapete chi sono -l’ho detto sopra- ed ora, dopo una vita dissoluta affermo che la cultura non è solo leggere e commentare un libro di un autore locale, ma quella che si fruisce vivendo e studiando, ricordate la scuola peripatetica di Aristotele…

Se non si poggia su un solido substrato, quale la scuola e l’università, si può vivere a più non posso, ma si resta sempre piccoli uomini ignoranti e filistei; se hai una solida base, quale appunto la scuola ed una laurea, sei capace di fruire cultura da tutto quello che ti circonda, anche dalle più squallide attività -evoco qui ed invito il lettore ada adattare al contesto, la frase di Goethe di sopra-.

Poiché, credetemi, tutti hanno qualcosa da insegnare, tutto il mondo, anche il lercio garage di famiglia, nasconde tesori…Sia anche l’ingiallito e poveroso libro di Matematica Finansiaria di Papà, ma qualcosa di buono si trova anche lì…

Il salotto letterario fa bene, l’ho praticato e lo pratico e lo praticherò ancora, ma se marino un incontro, non son una bestia…

Ho marianto, lo dico e la portiamo finita, poiché dovevo vedermi con l’ex badante gnocca dei nonni. Un’avvenente trentenne esteuropea che, oltre a far l’amica, mi insegna a translitterare il cirillico -sì: non mi darò pace, fino a quando non l’avrò imparato quel cavolo d’alfabeto-. Ho preferito il piacere terreno e culturale a quello meramente letterario… Discutere un libricino di un autore di qui, seppur nobile attività, non è paragonabile ad un pomeriggio con tre gnocche che parlano russo, ucraino e georgiano, che mi hanno offerto un drink autoctono (si una roba verde al dragoncello, una piscetta intrigante che sapeva di Nelsen), che mi hanno mostrato tanti bei luoghi delle loro terre, luoghi che presto visiterò -Putin, diavolo, piantala con questa guerra della malora!-

Io ho dilatato i miei orissonti,ho bevuto una cosa buona e pianificato altri viaggi, che mi insegenranno tantissimo; lui ha ascoltato tre chiacchiere…

Potete ora comprendere Goethe dell’incipit, sostituendo Viaggio a Vita, rifatevi ad Aristotele ed alla sua scuola…

Per dover di cronaca e non per riscuotere il vostro sostegno -Wer pfeift such darauf?-

Lui non ha altri svaghi, se non il salotto letterario e la mia compagnia, mi ha invitato ed ho declianto l’invito, lui ha insistito, facendo leva sull’importansa dello stesso, io, giocaosamente ho continuato a rifiutare e lui, vistosi impossibilitato ad andarci,  mi ha attaccato personalmente, definendomi un mediocre, un filisteo classista, un tanghero...

Ora lettore, da quello che hai letto ed basandoti sulle interassioni che hai avuto con me, sii giudice, sentensia come meglio credi, qualunque sarà il giudissio, io continuerò a far i cavoli miei…


venerdì 30 maggio 2025

Erranti Speculassioni {Volteggiando in un Mondo Nero}

 Caro Lettore,

questo è uno dei miei articoli che, scevro da finta modestia ed autodemagogia, ritengo ben scritto e, quindi degno d'esser condivisio qui. Racconto della visita alla mostra: Much. Il Grido Interiore tenutasi in Italia nel 2025 e mi focalisso sul quel dipinto che più mi ha impressionato: 
      Nattevandreren

Über allen Gipfeln
ist Ruh;
in allen Wipfeln
spürest du
kaum einen Hauch;
Die Vögelein schweigen im Walde.
warte nur, balde
Ruhest du auch
.

Su ogni cima
è pace;
in ogni chioma 
senti appena un alito.
                                       Nel bosco anche gli uccelli, tutto tace.
                                        Aspetta: presto anche tu avrai pace.

             

Caro Lettore,

questo articolo aspira ad esser un’escursione nell’anfratto del Romanticismo Tedesco tesa scandagliarne i più bui anfratti e ad esplorare i sentieri che legano la Filosofia all’Arte…

Alla stregua del Maestoso Viandante di Novalis, intraprendiamo la nostra Wanderschaft {peregrinassione quasi ascetica condotta da filosofi e da giovani} e, dopo una breve premessa, incamminiamoci verso la meta.

La Wanderlust è un concetto portante del Romanticismo Tedesco che, fungendo da germe dell’intera corrente di pensiero, raccoglie ed assembla attorno a sé tutte le suggestioni e gli umori del Romanticismo stesso. Essa s’interpreta come anelito  a vagare nella natura, alla ricerca del sublime, del trascendente, del DIO, dell’ego ancestrale;  tal’afflato è fatto deflagrare dalla Sehnsucht, forsa motrice della Wanderlust medesima e ulteriore pilastro del movimento culturale. Molti poeti e filosofi hanno celebrato quest’aspirassione e, uno dei più noti, ma anche più opinabili, tentativi è quello di Goethe sopra riportato.

Mi son avvalso dell’aggettivo opinabile, per non usare “anfibolo”, poiché la poesia, pur restituendo placidità romantica, obnubila l’impeto dello Sturm und Drang, edulcorando il carattere collaterale della corrente di pensiero. 

Opinione parsialmente condivisa colloca l’Espressionismo a valle del Romanticismo, tralasciando momentaneamente la diatriba relativa, appoggio questa tesi e ne trovo “visivo” risconto nel dipinto di Edward Munch: Il Viandante Notturno (Nattevandreren Der Nachtwanderer); oggetto di questo testo.

Seppur lungi da Caspar, che cristallissa il Viandante, creandone l’archetipo, Munch ne esalta le caratteristiche e l’adatta a sé stesso. Il pittore norvegese non porta in auge il Viandante Romantico ma, in maniera anacronistica e aderente alla sua arte, avvalendosi  del suo codice dei colori,  espande, “distorce” ed amplifica la Wanderlust; la rielabora, imbastendola sulla sua persona. Edward Munch si auto-dipinge insonne, mentre vaga (wandert) per casa, alla ricerca di qualcosa, della pace -che non ha mai avuto-, della sbronsa notturna, di un pensiero smarrito, di una voce…

Assunto ciò, come dal titolo, dissertiamo tutto questo o erriamo fra questi argomenti.

In primo luogo, eseguiamo una contestualissassione temporale del Romanticismo e dell’Espressionismo, dopo cerchiamo di individuare dei collegamenti fra essi e, infine, confrontiamo David Friedrich ed Edward.

Il Romanticismo Tedesco è cronologicamente allocato fra la fine del XVIII S e la prima metà del XIX S, mentre l’Espressionismo nel primo ventennio del XX S.
Il Romanticismo si contrappone all’Illuminismo, stigmatissandone la rassionalità ed esacerbando, appoggiandosi alla metafisica ed all’elucubrassione, la tensione dell’uomo all’infinto, dando quindi sfoggio alle emossioni ed alle idee, talvolta particolarmente eteree ed evanescenti; l’Espressionismo dà volto alle emossioni, le codifica con i colori di Munch e di Van Gogh e le raffigura distorte, magari grottesche e bissarre, inquietanti, ma sempre capaci di palesarsi all’osservatore.

Caspar dipinge un uomo solo su una rupe immersa nella nebbia, che vaga nella foresta e contempla il paesaggio ancestrale; un uomo assorto nei suoi pensieri, quasi sospinto dalla tempesta che soffia gelida.

Munch ritrae se stesso, in una passeggiata notturna, se stesso che vaga per casa alla ricerca di qualcosa, ha i capelli arruffati, come in Caspar e, rievocando il Viandante sul Mare di Nebbia, non indossa gli indumento dell’epoca, bensì quelli del contesto domestico. La ricerca è la medesima, le suggestioni sono identiche, i colori sovrapponibili: in entrambi i casi raccontano la scena, mediante l’opportuna codifica cromatica;  Munch si mostra impaurito, Caspar pensieroso…

Potremmo dilungarci con i parallelismi, ma…ma lascio sia il lettore a continuare questa passeggiata…

Fritz Von Baumann
L'Ingegnere

La Voce del Paese, Giugno 2025
Volteggiando in un Mondo nero
Erranti Speculassioni


Pipì libera tutti ! {Volteggiando in un Mondo Nero}


Caro Lettore,

ho inissiato a scrivere nel 2016 ed ancor oggi -giugno 2025 -, periodo durante il quale sto restaurando il mio sito- sorrido al pensiero d'esser stato autore del più irriverente articolo mai comparso mai comparso su La Voce del Paese-Gioia del Colle. 

Quello che segue è, con ogni probabilità, il testo che più più ha fatto parlar di me.. Conscio del fatto che sarebbe stato assai triste defraudare il visitatore del sito di questa perla giornalistica, dopo sei lunghi anni, lo riporto in auge, augurandovi buona lettura e tanta più indipendente! 

Negli Anni Ottanta, il calvo Pippo Franco intonava divertito il singolo “Mi Scappa la Pipì”, fendendo la coltre di ipocrisia e perbenismo, tipicamente italiana, che imbavagliava ed imbavaglia i bimbi e la loro spontaneità.

La funsione fisiologica, ancor'oggi avviluppata da simulata verecondia, costituisce per molti una vera e propria pena: non sono in pochi, infatti, a sentirsi costretti a trattenere la liquida necessità al sol fine di evitare spiacevoli episodi, trascurandone l’origine e l'effetto, ovvero l'indipendensa!!!

L’umanità vanta una componente tangibile ed una spirituale, tuttavia è solita censurare la prima e le sue funsioni…

L’utilità della pipì, già evidensiata nel romanso di Swift, acquista maggiore importansa in Belgio, dove costituisce il simbolo di nulla popò di meno che dell’indipendensa nassionale!

Nel 1388 apparve nel centro di Brüssel un’effige di un gaio bimbetto, che orinava letissiosamente: Manneken Pis-. A lui sono legate diverse leggende, tutte accomunate da un comun denominatore: la nassional indipendensa!

Si narra che, durante la Battaglia di Ransbecke, Goffredo di Lorena appese la culla del suo figlioletto al ramo di un albero e, durante il combattimento, il bambino sgattaiolò fuori e impavidamente orinò nel campo nemico, conducendo, dopo, il Belgio alla vittoria...

Un’altra leggenda vuole che un bambino, con la sua pipì, “disinnescò” una bomba Grand Place, salvando i reali o, in altre versioni, spense un grande incendio che minacciava la capitale.

L’irriverente e simpatica statua fu più volte trafugata, sia per il suo significato simbolico, sia per l’allegria che trasfondeva, infatti, per placare il rammarico dovuto al primo furto, il principe elettore Maximilian II Emanuel Von Wittelsbach nel 1698 donò un abito, affinché la nuova effige del orinatore fosse vestita e, quindi, resa più allegra ed ammiccante!

Oggi il Manneken Pis possiede 650 vestiti, donati da tutto il mondo, ed indossati in occasioni speciali, 36 volte all’anno.

Concludiamo, ricordando che la pipì, oltre ad essere molto, molto utile, è fulgido simbolo di indipendensa, quindi non si abbia timore di dire a gran voce “Mi Scappa la Pipì”!!!


Fritz Von Baumann
L’Ingegnere
La Voce del Paese, Gennaio 2019
Volteggiando in un Mondo nero 
Pipi libera tutti! 



giovedì 10 aprile 2025

Università.... Mein Liebe!!!!


Caro Lettore,

in questo pomeriggio, da sapore della primavera, mi avvolgo in un mantello di piacevole nostalgia e consueta tracotansa, per condividere con te quanto accadutomi stamane.

 

Mi son svegliato presto, evento ormai rarissimo, e son andato al Politecnico per sostenere uno degli ultimissimi esami e, al termine, non ho resistito alla tentassione di errare per l’ateneo e la prima tappa è stata la prima aula in cui ho avuto lessione, la mitica Aula E. Seppur restaurata, conserva ancora quel fascino reverensiale, ancora trasfonde quel timore, ancor t’avvolge fra le sue pareti, ancor fa venire i brividi…

Brividi che or son di nostalgia, un tempo eran d’euforia… 

Non nego d’esser sempre stato quello che conoscete e, sebbene al tempo del mio primo anno ero un ragassino non molto esperto del mondo, già in me ardeva gagliarda la brace che mi muove ancor oggi… Non mi iscrissi subito ad Ingegneria, così come Gi -la mia celebre amichetta-, tuttavia entrai in quell’aula con la polo rossa, i pantaloni verdi ed i rayban blu, vestito della mia baldansosità, della mia spavalderia e subito fu avvicianto da tre ragasse…

Vedevo nei loro occhietti paura, timore, ritrosia, entusiasmo, speransa; così come Gi che, iscrivendosi dopo di me, mi disse che il primo impatto con il mondo accademico fu fortissimo. Io, nel bene e nel male, entrai arrogante, allegro, desideroso di dissetaermi ingordamente alla fonte del sapere, bramoso d’esser insignito del titolo di "Custode" di quei saperi superiori ai quali avevo sempre ambito e, ancor oggi, ambisco; entrai come quello son sono: vestito con colori accesi, con i miei rayban, con i capelli spettinati ed una smorfia beffarda sulle labbra. Trascorsero giorni, poi mesi, poi anni e sempre più mi sentivo risucchiato in quel mondo magico che è l’università.

Lì avevo tutto e non volevo più andarmene, l’università era diventata la mia casa, tanto quanto la Germania. Fra quei corridoi interminabili, in quelle aule immense, diansi a quei professoroni, circondato da libroni, fissato da lavagne ostentanti equassioni alle derivate parsiali e DIO solo sa quant’altro, avevo trovato una nuova casa, la mia casa!

Lì potevo dire tutte le castronerie che volevo a chi volevo, tutti mi avrebbero dato credito, docenti e studenti, potevo smontare la Fisica e mio piacimento edassoggettare la Matematica al mio pensiero contorto e nessuno mi avrebbe mai taciuto e lì, infatti, ho teorissato tante cose, alcune anche appressate dai docenti di Fisica…

Avevo il mio fanclub femminile: la dolcissima Francesca, che mi dava gli appunti evidensiati e mi teneva il posto, la Claudia sempre pronta a schersare con me, la Raffaella, la gnocca georgiana…Il mio enturage maschile, col quale andare al bar e far visita alla professoressa cattiva, che si scioglieva quando arrivavo io, che ero l’unico a studiare il suo corso. Avevo i miei professori amatissimi, che visitavo ogni settimana, per il sol gusto di far due chiacchere elettroniche, avevo la Cappella con il mio DIO ed il mio Sacerdote, i bagno dei maschi che, per quanto schifosamente lurido fosse, mi permetteva di far pipì freestyle, avevo i distributori di bevande e le aule vuote, ove far comunella con Francesca e Virgilio, avevo tutti i laboratori del mondo, la cui strumentassione potevo usare liberamente e, soprattutto, all’università tutto aveva un senso, anche quelle cose che, la società gretta del quotidiano bolla come sbagliate.

Ecco, lettore, l’Università è questa: quel angolo di mondo in cui puoi esprimerti liberamente ed esser chi vuoi, quel luogo ove puoi crocefiggere la Matematica sensa prender due al compito, ove puoi piegare la Fisica a tuo piacimento e, se ncessario, riscriverla; quello spassio dove quello che dici trova la condivisione di un diavolo, la paissa dove ci sarà sempre un tipo con il quale bere una coca cola ed una ragassa pronta a consolarti, un’altra che ti darà i suoi appunti (perfetti) gratis ed un ragasso che monterà il circuito per te, mentre tu fai l’idiota con Francesca…

L’università non è un esamificio, bensì una fucina di idee e di persone, ove non sei mai in ritardo, ove non sei mai fuori luogo, ove si trova sempre un senso alle cavolate che dici, ove avrai sempre un Professore che ti darà una manina, un amico ed una ragassa disponibile… Se non comprendi questo, allora puoi anche conseguire cento lauree, ma non resterai sempre un poveretto….

Ora prossimo alla mia seconda laurea, guardo con nostalgia i miei anni accademici, ritenendogli i migliori della mia vita e, l’unica parola che posso dire al Politecnico è un laconico, semplice ma immenso grassie!

Grassie di esserci, Politecnico, grassie di avermi forgiato, di avermi accolto ed ospitato, grassie di tutto e, davvero, di tutto!