mercoledì 11 maggio 2022

Ode ad Oscar Wilde


 Caro Lettore,

in questa notte insonne -come tutte le mie notti- afferro il mio notebook per condividere con te una mia riflessione su una persona nota, non a tutti, ma comunque celebre a molti- grassie a DIO-, alludo ad uno scrittore deprecato ed incensato da generassioni: Oscar Wilde.

Questa sera, al mio ritorno dal Politecnico, la mia cara Mamma mi ha preparato per cena le mie amatissime Fettuccine alla Bolognese, un piatto a me molto caro, sapientemente ed amorevolmente cucinato dalla mia Mamma; non discetto la pietansa, riservandomi di farlo in un altro post, e concludo con l’incipit alla mia riflessione:

A tavola perdonerei chiunque, anche i miei parenti…

Al termine della cena, ho sinceramente condiviso e sposato questo aforisma. Si uso la parolaccia “sposare”, poiché sono davvero convolato a nosse con questa frase, ho davvero celebrato il connubio spirituale con questa massima, davvero l’ho condivisa, capita, amata ed ho quindi pensato al suo autore, speculando come segue.

Tralasciando le Fettuccine alla Bolognese, che se le avessi ancora qui le mangerei con molta ingordigia, Oscar Wilde scrisse qualcosa di vero, puro ed autentico e per questo è odiato.

Tutti noi, io in primis, siamo degli abietti, degli invidiosi, degli odiosi, portatori di rancore, degli ipocriti, dei perbenisti, dei falsi, dei vacui moralisti, delle persone spregevoli e vili e, cosa peggiore di tutte, siamo degli ipocriti, degli ignobili ipocriti. Siamo ipocriti, ipocriti che si camuffano da santi, da anime pie, da brave ragasse e ragassi, da simpaticoni, da amorevoli amici. Siamo animati da cameratismo e solidarietà, ma solo per finta, poiché godiamo dell’altrui disfatta, serbiamo rancore con tutto il mondo e con tutta la famiglia…Questo siamo noi! Per giunta, proviamo piacere e vergogna nel compiere determinati atti, atti che ci rendono piacere incontenibile, e bramiamo dalla voglia di indulgere in talune cose, però ce ne vergogniamo grandemente e celiamo i nostri vissi e le nostre perverisioni e, molto ipocritamente, condanniamo quelli che come noi, sguassano in pratiche deprecabili.

“Nulla è peccato se reca piacere” ho sempre sostenuto ciò e non abiuro ora, così come non c’è nulla di errato nel quotidiano operato, però ci vergogniamo di palesare i nostri vissi. Proviamo imbarasso nel dire che ci piace dormire fino a tardi, nel dire che moriamo dalle risate guardando I Simpson e che ci identifichiamo in loro, ci fa arrossire dire che amiamo i cartoni animati pur essendo grandi, non ci rende onore dire che ci annoiamo a guardare il telegiornale e che in questo momento storico ne abbiamo piene le tasche della guerra in Ucraina e cose così, però…

Qui arriva Oscar: il poeta maledetto, il bevitore di assensio, l’alcolista, il dandy, lo spregiudicato, il corrotto ed immorale, il pervertito, il fumatore perso, lo snob per antonomasia, la vocina che si nasconde dentro di noi!

Si persone, Oscar ha detto e scritto tutto quello che pensava. Leggendolo abbiamo ritrovato noi stessi, nei suoi gesti inconsulti rivendiamo noi il sabato sera, noi in discoteca, al bar, con i nostri più cari amici, noi siamo lui e lui è ognuno di noi, però….

Però la sua condotta fu ritenuta immorale, come quella di Lord Byron ed oggi, falsi studenti devoti, ancora ci allineiamo a quel pensiero errato e, peggio, eredi di una società bigotta -grassie a DIO prossima all’estinsione- continuiamo ad odiare pubblicamente Oscar, pur condividendo a pieno il suo pensiero, pur essendo degli amanti della vita come lui.

Esaspero il discorso: riteniamo di essere persone libere, ma come insegna Oscar “nessuno può essere libero, se costretto ad essere simile agli altri” e così siamo noi: omologati. Noi tendiamo ad assumere un comportamento standardissato e correlato all’età e ad un insieme di valori fittisi, che mortificano il nostro spirito ed il nostro pensiero. Prima di compiere una data assione, pur anelandone l’essecussione, ci chiediamo se conforme al dettame sociale ed alla nostra età, qualora la verifica va male, evitiamo di attuare il nostro desiderio. Questo poiché obbediamo supinamente ad una regola infondata, che norma il nostro agire, quasi sempre legittimo -Quello che è vietato dalla legge non va mai fatto, tutto il resto è lecito-. Ancora, siamo vincolati ad una sorta di legge morale, sopravvissuta alla seconda metà del Novecento e, in funsione di tale, ci asteniamo dal fare quello che vogliamo, pur essendo privo di immoralita. Quando vediamo qualcuno che ignora questa regola, diventiamo verdi dall’invidia e sputiamo veleno.

Una ragassa fidansata va al bar con un amico, ella viene epitetata infelicemente. Pur volendo fare come lei, pur volendo bere un aperitivo con il più caro amico, le altre ragasse, guardando ella, dicono cosacce…

Oscar Wilde è odiato da tutti, poiché ha fatto e scritto quello che noi vorremmo fare e non facciamo, quello che noi pensiamo ma non abbiamo il coraggio di dire, poiché dicendolo saremmo fuori dal coro, saremmo degli immorali, dei turpi, dei malvagi…

Allora viviamo la nostra vita nella privassione, nella semplicità, asteniamoci da ogni piacere, osserviamo pedissequamente un manuale comportamentale, dopotutto la vita è solo una, che sia stata vissuta bene o male, poco importa, presto torneremo da dove siam venuti e degli anni terreni, vissuti nella privassione o nella pienessa, ben poco resterà, ma di sicuro in questi anni di vita saremo state delle brave persone, dei soldatini fedeli, dei mariti devoti, dei bravi figli, dei perfetti idioti che, per timore di essere giudicati, hanno gettato alle ortiche la loro vita.

Tornando a noi, in segreto amiamo Oscar Wilde, in pubblico lo esecriamo, poiché ci vergogniamo di dire che aveva ragione e che siamo come lui, se non peggiori!

Le cose più ripugnanti di tutte sono due: in primo luogo, ci vergogniamo ad essere noi stessi, poiché vogliamo emulare un opaco modello comportamentale costruito sulle fondamenta della società dei nostri nonni e genitori e su quello dell’attuale società, due abbiamo la coda di paglia -mi piace molto questa espressione che ho imparato nel corso di tedesco- poiché leggendo diremo che è tutto bugia, che l’Ingegnere, autore di questo post è un bieco ed un malvagio, eppure ogni volta che avremo l’occasione ci comporteremo come il buon Oscar…

Caro lettore, non odiarmi se dico che sei un ipocrita e sensa fegato, tu mi hai appena epitetato DIO solo sa come, tuttavia non ti biasimo: io sono peggio di te!

Stasera ti ho messo di spalle al muro, dicendoti quello che pensi e non hai il coraggio di dire e di pensare: si appena rifletti su queste cose, cerchi di divagare, poiché temi il tuo stesso pensiero. In secondo luogo, io sono uno spregiudicato ed un vissioso ancor peggiore di te che, nella tua parchedine cerchi di migliorarti, differentemente da me, che perpetro il vissio e sguasso nell’immoralità. Per farmi perdonare ti elenco le mie schifesse:

Sono un Säufer: odio gli alcolici, ma bevo tutte le bibite gassate del mondo, dispressando l’acqua naturale ed i vini di ogni tipo.

Bevo solo ghiacciato, di estate e di inverno, di notte e di giorno; non conosco l’acqua naturale ed un giorno o l’altro morirò di congestione, mi si spaccherà lo stomaco e mi so congelerà il sangue.

Mangio sempre tedesco e parlo tedesco, pur essendo in Italia da anni, odio la cucina pugliese e la dieta mediterranea.

Non guardo mai il telegiornale e, all’ora di pranso, guardo Italia 1!

Odio la televisione, guardo solo cartoni animati, film horror, porta a porta e Piero ed Alberto Angela.

Sto morendo dalle risate, poi continuo la lista

Eccomi ho finito di ridere

Vivo in Puglia, ma odio questa regione, con i suoi abitanti, il suo clima, la sua gastronomia ed i suoi paesaggi.

Amo l’Italia, ma non gli italiani. Pur tedesco di sangue, preferisco gli svedesi e gli austriaci.

Odio il caldo e l’estate, ma non lascio la Puglia e voglio andare in Kenya ed in Turchia ed in Messico.

Sono un ingegnere, ma mi occupo di Letteratura, Fisica, Matematica e viaggi; faccio l’Ingegnere solo nel fine settimana, se ne ho voglia.

Ho lasciato lo studio del pianoforte, poiché odiavo le insegnanti (erano donne italiane).

Ho studiato inglese, per otto anni ed un semestre, ma lo parlo con i piedi, pur scrivendolo e leggendolo bene.

Nutro rancore con quei famigliari che, da bambino, mi tolsero il cioccolato bianco a seguito di cinque giorni di cacarella.

Mangio solo cioccolato al latte e bianco ed odio il fondente, amo gli orsetti gommosi ed il cioccolato Kinder.

Ogni martedì faccio la spesa e compro solo bibite gassate, crauti e caramelle gommose.

Non divido mai le leccornie con nessuno, vado al cinema ed al ristorante cinese all you can eat da solo, per non dover condividere il piacere con altri.

Ho finito la solidarietà con gli ucraini, per via di questa guerra non sono andato in Polonia e, in risposta a Draghi, “non voglio la pace, ma l’aria condissionata!”

Sono un cattolico in pena, non mi confesso mai, voglio fare il sacerdote ed il cardinale per mandare al diavolo le monache e conoscere bene la teologia, il greco antico e la storia.

Caro Lettore,

io ho scritto di me e delle mie perversioni, ora sentiti offeso per quanto letto, dammi del puerile e, soprattutto, metti una manina sulla tua cosciensa -sempre se ne hai una- e renditi conto che non tutto quello che ho scritto è sxorretto, ma tu lo bollerai tale solo per vergogna di dire chi sei!

Ciao Donna Adulta, Ciao Uomo Adulto….

PS Ho scritto in verde come l'assensio di Oscar; comunque, l'assensio è verde, vero?

venerdì 6 maggio 2022

La notte: poesia della città


 Popolo del web,

in questo venerdì che ha il sapore del sabato pomeriggio, riprendo la tastiera per discettare un tema a me sempre caro: la notte.

Ieri sera, come ogni giovedì, andai al teatro, uscito ebbi modo di appressare la primavera: era una sera calda, ieri, più che una sera direi una notte e più che ieri direi stanotte. Stanotte, la notte appunto fra giovedì e venerdì, dopo il teatro ho avuto il privilegio di rincasare a piedi e gustare la bella notte che riserva la città.

Era la classica notte di primavera, quella di ieri, fresca e serena, aveva il profumo dell’estate ed il sapore dell’inverno. Sul piassale del teatro, ho preso commiato dai volti noti, dai soliti avventori di quel palasso incantato che prende il nome di teatro. Facendo memoria del mio amato inverno ho tirato su il bavero del cappotto e, incrociando le braccia l’ho chiuso sul petto e mi sono avviato verso casa e la magia ha avuto inissio.

Le tenebre avvolgevano di elegante nero la città, illuminata dalle insegne e dai lampioni, il vento si insinuava fra le stradine, narrando alle porte ed agli scalini di quanto visto qualche angolo più in là. Passeggiavo spavaldamente, lambito dall’umidità di una fresca notte primaverile, mente il vento mi sospingeva sul corso grande ormai dormiente. Le vocine fragorose che adornano quel grande viale pedonale ora sognano di draghi e cavalieri, pensavo mentre un bambino mi tagliava la strada, sfuggendo dai genitori usciti dall’osteria. Il profumo di frittura ben sposava il ronsio di quell’insegna che, tremolando, s’accingeva a spegnersi sulla mia testa.
-Mamma mia!-esclamai fra me -è già l’una! Perché tornare a casa?- Continuai ad errare per quella città di cui ero padrone, gustando ghiotto la mia libertà. Ormai le tutte le luci erano spente, salvo qualche lampadina che illuminava una o due finestre in lontanansa. Cartacce e giornali, come cormorani, lambivano la strada mossi dal vento ondeggiante, ogni tanto sbucava fuori da una porta un cuoco stanco che s’accendeva una sigaretta o un cameriere trafelato che raggiungeva l’auto tutto stanco ed assonato. Le finestre ormai buie, parlavano di mamme e di papà, di bimbe e di bimbi che dormivano in attesa dell’indomani. Da qualche parte si udivano risatine, erano fidansatini che come me vagano per la città, altre volte urla e parolacce, erano sbronsi che brontolavano per la prematura fine della bottiglia.  D’improvviso il caldo profumo del pane irrorò il paese intero, i fornai già sfornano, pensai fra me, poi ancora costeggiai il mio bar ed una voce dolce ed amica mi disse:- Ingegnere! Vai a nanna o sei già sveglio?- Mi voltai sorpreso, era lei, la bella barista che tirava su la sua serranda- Ohi cara!- risposi sorpreso -torno a casa dal teatro!- e guardai l’orologio che segnava le cinque del mattino. Le luci dell’alba dipingevano di rosa quel cielo nero fino a poco prima. -Diavolo!- pensai -ho speso la notte a passeggio…-

La notte è così: meravigliosamente nottosa! Ti rapisce e ti ammalia, ha il profumo delle patatine fritte, del pane fragrante e del caffe bruciacchiato! Volti amici ti sorridono, urla di disperassione ti spaventano, luci lampeggiando t’ammiccano. Il cielo cambia colore, le saracinesche si chiudono e si aprono, mentre uccelli di fogli di giornale ti volan attorno come foglie in autunno…

La notte è un lusso per pochi, è un lusso per me!