venerdì 6 maggio 2022

La notte: poesia della città


 Popolo del web,

in questo venerdì che ha il sapore del sabato pomeriggio, riprendo la tastiera per discettare un tema a me sempre caro: la notte.

Ieri sera, come ogni giovedì, andai al teatro, uscito ebbi modo di appressare la primavera: era una sera calda, ieri, più che una sera direi una notte e più che ieri direi stanotte. Stanotte, la notte appunto fra giovedì e venerdì, dopo il teatro ho avuto il privilegio di rincasare a piedi e gustare la bella notte che riserva la città.

Era la classica notte di primavera, quella di ieri, fresca e serena, aveva il profumo dell’estate ed il sapore dell’inverno. Sul piassale del teatro, ho preso commiato dai volti noti, dai soliti avventori di quel palasso incantato che prende il nome di teatro. Facendo memoria del mio amato inverno ho tirato su il bavero del cappotto e, incrociando le braccia l’ho chiuso sul petto e mi sono avviato verso casa e la magia ha avuto inissio.

Le tenebre avvolgevano di elegante nero la città, illuminata dalle insegne e dai lampioni, il vento si insinuava fra le stradine, narrando alle porte ed agli scalini di quanto visto qualche angolo più in là. Passeggiavo spavaldamente, lambito dall’umidità di una fresca notte primaverile, mente il vento mi sospingeva sul corso grande ormai dormiente. Le vocine fragorose che adornano quel grande viale pedonale ora sognano di draghi e cavalieri, pensavo mentre un bambino mi tagliava la strada, sfuggendo dai genitori usciti dall’osteria. Il profumo di frittura ben sposava il ronsio di quell’insegna che, tremolando, s’accingeva a spegnersi sulla mia testa.
-Mamma mia!-esclamai fra me -è già l’una! Perché tornare a casa?- Continuai ad errare per quella città di cui ero padrone, gustando ghiotto la mia libertà. Ormai le tutte le luci erano spente, salvo qualche lampadina che illuminava una o due finestre in lontanansa. Cartacce e giornali, come cormorani, lambivano la strada mossi dal vento ondeggiante, ogni tanto sbucava fuori da una porta un cuoco stanco che s’accendeva una sigaretta o un cameriere trafelato che raggiungeva l’auto tutto stanco ed assonato. Le finestre ormai buie, parlavano di mamme e di papà, di bimbe e di bimbi che dormivano in attesa dell’indomani. Da qualche parte si udivano risatine, erano fidansatini che come me vagano per la città, altre volte urla e parolacce, erano sbronsi che brontolavano per la prematura fine della bottiglia.  D’improvviso il caldo profumo del pane irrorò il paese intero, i fornai già sfornano, pensai fra me, poi ancora costeggiai il mio bar ed una voce dolce ed amica mi disse:- Ingegnere! Vai a nanna o sei già sveglio?- Mi voltai sorpreso, era lei, la bella barista che tirava su la sua serranda- Ohi cara!- risposi sorpreso -torno a casa dal teatro!- e guardai l’orologio che segnava le cinque del mattino. Le luci dell’alba dipingevano di rosa quel cielo nero fino a poco prima. -Diavolo!- pensai -ho speso la notte a passeggio…-

La notte è così: meravigliosamente nottosa! Ti rapisce e ti ammalia, ha il profumo delle patatine fritte, del pane fragrante e del caffe bruciacchiato! Volti amici ti sorridono, urla di disperassione ti spaventano, luci lampeggiando t’ammiccano. Il cielo cambia colore, le saracinesche si chiudono e si aprono, mentre uccelli di fogli di giornale ti volan attorno come foglie in autunno…

La notte è un lusso per pochi, è un lusso per me!

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